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10/11/2020 - Il mercato di libero scambio


In questa emergenza sanitaria, dovuta alla pandemia del COVID-19, dove le restrizioni dettate dagli innumerevoli DPCM del Presidente Conte, con la giustificazione che la cosa più importante, più di ogni altra cosa, è la nostra esistenza in vita, restiamo sconcertati nell’apprendere che, proprio durante questa emergenza, nonostante gli aiuti di Stato e la pioggia di denaro calata sugli italiani, ci siano ancora persone che non riescano a mettere insieme il pranzo con la cena.

Su questo tema, la Giunta comunale di Torino, per risolvere i suddetti problemi di alimentazione dei propri cittadini, continua ad insistere sulla necessità di continuare l’iniziativa del mercato di libero scambio, ovvero il SUK, ovvero il barattolo o il balon green che dir si voglia.

Nonostante il nome “Barattolo”, che richiama la pratica del baratto, ovvero lo scambio di beni senza l’utilizzo della moneta, il barattolo è un mercato dove ci sono persone che vendono e persone che comprano con soldi come in tutti i mercati del mondo. Ma, la particolarità è che i venditori vendono oggetti recuperati dai cassonetti dei rifiuti urbani, dallo sgombero di cantine o recuperati in altri modi, più o meno leciti.

Cosa da non sottovalutare è che gli improvvisati venditori non sono soggetti ad alcuna tassazione sul venduto.

Quindi, il Comune di Torino, soluzioni non ha che mandare in giro questi “affamati” a raccogliere rifiuti dai cassonetti offendendone la dignità ed esponendoli a probabili infezioni batteriche della cute.
Questi cittadini “poveri” raccolgo i rifiuti nei giorni feriali ed essendo soggetti appartenenti a fasce deboli della popolazione, molti di loro conservano quanto raccolto nelle case dove vivono, magari con bambini, favorendo il proliferarsi di agenti patogeni.

Il sabato e la domenica c’è il mercato di libero scambio, il “barattolo” appunto, dove tentare di vendere quello raccolto nella settimana.

Se non fosse per gli innumerevoli rischi, non per ultimi quelli di salute, che comporta la pratica del waste picker (letteralmente: raccoglitore di rifiuti), sarebbe da favorire ed incrementare a vantaggio del riuso e dell’economia circolare.

Non a caso l’attività di straccivendolo, raccoglitore di residui, rottami, oggetti usati, era sottoposta oltreché alle norme di cui all’articolo 121 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S) di cui al R.D. 18 giugno 1931, numero 773, anche a vigilanza sanitaria. Coloro che esercitavano in proprio o per conto altrui le attività di cui sopra dovevano pertanto essere provvisti del certificato rilasciato dall’Autorità di Pubblica Sicurezza, a norma del su richiamato art. 121 del T.U. delle Leggi di P.S., e d’autorizzazione dell’Autorità Comunale che doveva chiedersi al Sindaco e poteva essere rilasciata a coloro che dimostrino di essere in possesso degli indumenti e oggetti idonei all’attività specifica.

Ora, essendo stati abrogati gli art. 121, 124 e 125 del TULPS, per l’intervento del D.P.R. 311 /2001 tali attività sono cadute in un vuoto legislativo venutosi a creare.

Bisogna però entrare nella volontà del legislatore, ovvero, quella della semplificazione e della libera circolazione delle persone e dei beni, quest’ultimo nell’abrogazione dell’Art. 124 che riportiamo integralmente:

"Art. 124 (Art. 125 testo unico 1926). - Gli stranieri eccettuati gli italiani non regnicoli, non possono esercitare alcuno dei mestieri indicati nell'art. 121 senza licenza del questore. In occasione di feste, fiere, mercati od altre pubbliche riunioni la licenza agli stranieri puo' essere conceduta dall'autorita' locale di pubblica sicurezza".

E’ chiaro che oggi sarebbe inammissibile vietare alcune attività agli stranieri.

Deve però essere altrettanto chiaro che le attività dell’ex Art. 121, ovvero, quelle di cenciaiolo, straccivendolo, raccoglitore di residui, rottami, oggetti usati, non possano essere svolte da soggetti non rientranti in quelle previste dall’attuale ordinamento, ovvero quelle previste dall’Agenzia delle Entrate e Camera di Commercio.

Pertanto, sarebbero da considerarsi espressamente vietate.

Vietate anche perché, esistono ditte e società per lo più a conduzione familiare che da anni si occupano legalmente della raccolta degli indumenti, residui, rottami e oggetti usati, in modo professionale e che da tempo aspettano una Legge per essere riconosciuti nell’economia circolare dei rifiuti, sgravandole dal pagamento di tributi che attualmente non tengono conto di questa importante attività di green economy.

L’ Ordinanza del Comune di Torino, che permette l’attività di libero scambio, nelle more di questo vuoto normativo, è uno schiaffo a tutte le imprese familiari, che con difficoltà e nella legalità, portano avanti questo mestiere con grande professionalità.

A.R.